Storia - Santa Brigida dopo l’unità d’Italia

Santa Brigida negli ultimi anni della dominazione austriaca fece registrare un incremento demografico che portò nel 1861 la popolazione a 682 unità. Assai alto era il tasso di natalità, ma la mortalità infantile toccò punte elevate dell’ordine del 15-20 per cento annuo. Inoltre le difficili condizioni economiche e sanitarie ridussero la durata media della vita, tanto che era raro trovare persone che superassero i settant’anni di età. Per tutta la seconda metà dell’Ottocento il paese venne bersagliato da epidemie e penuria alimentare. Il colera, che già aveva imperversato nel 1835, nel 1849 e nel 1854, ritornò a colpire nel 1867 e nel 1886. Altre morti erano causate da periodiche epidemie di tifo, difterite e vaiolo. Quest’ultimo colpì con particolare virulenza nel 1873 e 1884, mentre una grave epidemia di difterite si protrasse dal 1878 al 1880. Allo stato endemico era la pellagra, che derivava dalla carenza di vitamine dovuta all’alimentazione basata sulla polenta di mais. Ne era affetto circa il 3-4 per cento della popolazione, vale a dire una trentina di persone che nei casi più gravi arrivavano alla pazzia. Diversamente che altrove, in Valle Averara non si trovarono in quegli anni attività economiche alternative a quelle tradizionali e per giunta il settore minerario raggiunse il culmine della crisi, per cui l’unica fonte di sostentamento locale continuò ad essere quella silvo-pastorale.

L’antica Valle Averara