Storia - Santa Brigida e la Valle Averara nella Relazione di Giovanni Da Lezze del 1596

La parte dedicata alla Valle Averara della Descrizione di Bergamo e suo territorio, redatta nel 1596 per il senato veneto dal capitano Giovanni Da Lezze al termine del suo mandato in terra bergamasca, fornisce delle indicazioni fondamentali per la conoscenza della situazione economica e sociale di questo territorio. La relazione descrive analiticamente ciascuna delle quattro squadre in cui era divisa la Valle Averara, accennando a tutte le contrade che le componevano. La Squadra di Olmo o di Sotto, situata tra il corso del Brembo e quello della Val Mora, comprendeva oltre a Olmo, Cugno inferiore, Malpasso e Mezzoldo. La Squadra di Redivo e quella di Mezzo corrispondevano rispettivamente agli attuali comuni di Averara e Santa Brigida, mentre la Squadra di Sopra era costituita da Cassiglio, Cusio e Ornica. In tutto c’erano 380 fuoghi (nuclei familiari), 2.976 anime (abitanti) e 1.354 utili (i maschi abili al servizio militare).

Santa Brigida e la Valle Averara nella  Relazione di Giovanni Da Lezze del 1596

Dopo aver confermato che la Valle Averara era del tutto autonoma rispetto al resto del territorio bergamasco, in forza dei privilegi concessi da Venezia nel 1431, la relazione ci informa che ognuna delle quattro squadre eleggeva annualmente due consiglieri e un console i quali costituivano il consiglio di governo della valle. Gli otto consiglieri eleggevano il vicario, scelto tra le persone del Comune, e confermato dai rettori di Bergamo. Il vicario risiedeva nella contrada di Fontana ed era l’autorità giudicante con piena competenza in materia civile, mentre nel penale aveva autorità solo nei casi di minore entità, essendo per il resto competente il Tribunale del Maleficio di Bergamo. Ogni squadra eleggeva inoltre due sindaci col compito di amministrare i beni delle chiese e riscuotere le tasse. Sul piano fiscale la valle versava annualmente 212 lire e 12 soldi, oltre a un quantitativo di legna per le guardie delle mura di Bergamo. In forza dei privilegi non era soggetta ad altre imposte. La relazione fornisce anche informazioni riguardo alle condizioni economiche: in valle c’erano alcuni boschi di proprietà collettiva che consentivano di produrre annualmente circa 1000 some di carbone, utilizzato per l’alimentazione delle fucine. C’erano inoltre cinque o sei alpeggi comunali, che venivano utilizzati per il pascolo estivo. L’attività zootecnica poteva contare su un complesso di 500 capi bovini e 300 ovini, oltre a una trentina di cavalli e muli adibiti al trasporto delle merci. Per il resto, i prodotti dell’agricoltura erano assai scarsi: la valle è definita “sterile, non raccoliendosi grani come formenti, segale, milio”, non c’era la vite e si producevano in tutto appena 600 some di orzo che bastavano al fabbisogno locale di due mesi. Di notevole peso era invece l’attività metallurgica che si sosteneva sulla presenza di un forno di fusione, di cinque fucine grosse e una serie di fucine minori e chioderie. Completa il panorama relativo all’economia della Valle Averara la presenza di nove mulini, due peste e alcuni laboratori artigianali o botteghe che impegnavano in tutto 25 famiglie con un giro d’affari annuo di 10 mila scudi. In complesso però la situazione economica della Valle non era certo florida, infatti la relazione indica che numerosi abitanti erano emigrati a Venezia dove praticavano varie attività, dedicandosi in particolare al commercio del vino ed alla gestione di osterie.

Santa Brigida e la Valle Averara nella  Relazione di Giovanni Da Lezze del 1596