Storia - L’emigrazione diventa un fenomeno di massa

A partire dalla seconda metà dell’Ottocento Santa Brigida fu interessata massicciamente dal fenomeno dell’emigrazione. Inizialmente l’esodo ebbe carattere stagionale e riguardò i capifamiglia e i figli maggiori, che si spostavano verso le zone più sviluppate dell’Italia settentrionale per dedicarsi alla tradizionale attività di boscaiolo, carbonaio, minatore o fabbro. Di regola questi emigranti facevano rientro in famiglia per la stagione invernale, ma sul finire del secolo il fenomeno migratorio cambiò decisamente dimensione e meta, rivolgendosi verso le terre d’oltre Oceano e in particolare verso l’America meridionale. Anche in questo caso l’emigrazione era raramente definitiva, in quanto era normale il rientro in patria dopo alcuni anni trascorsi all’estero. Un ulteriore cambiamento di destinazione si ebbe nei primi anni del Novecento, quando la corrente migratoria iniziò a rivolgersi verso la Francia e la Svizzera. Si trattava anche in questo caso di emigrazione stagionale, che vedeva impegnati nelle vallate d’oltralpe decine di operai di Santa Brigida, spesso organizzati in squadre dedite ai lavori boschivi o all’edilizia. Dopo la pausa dovuta alla prima guerra mondiale, l’emigrazione riprese con maggior vigore negli anni Venti del Novecento e cominciò a diventare definitiva, portando intere famiglie ad abbandonare il paese. Il fenomeno assunse tali dimensioni da determinare un calo del 20 per cento nella popolazione di Santa Brigida. Tra il 1921 e il 1931, infatti, gli abitanti passarono da 1157 a 929. Nel 1925 Santa Brigida era al primo posto in tutta l’alta Valle Brembana come numero di emigranti: ben 334 persone, molte della quali finirono con lo stabilirsi in terra straniera, soprattutto nelle regioni alpine francesi o in Svizzera, dove facevano soprattutto i boscaioli, i carbonai o i muratori.

L’antica Valle Averara