Itinerario: Le Malghe di Santa Brigida




Le coordinate dell’itinerario
Itinerario ad anello lungo e panoramico che attraversa gli ambienti alpestri dell’alta Val Mora e guida alla visita delle tre malghe di Santa Brigida: l’Alpe Ponteranica, l’Alpe Parissolo e l’Alpe delle Valli. La proposta si muove nel primo tratto sul Sentiero CAI 101 delle Orobie centro occidentali e di seguito lungo i sentieri comunali n. 16 e 13, ripercorrendo nella fase conclusiva l’antico sedime della Strada Priula.
Località di partenza: Località di partenza: Cà San Marco (m 1.830) Quota massima: m 2.000 circa (crinale tra i monti Triomen e Mincucco)
Tempo di percorrenza: h 4:00 circaDislivello in salita: m 540 circa
Periodo consigliato: da maggio a novembreDifficoltà: E (escursionistico)

Da Cà S. Marco (m 1.831; grande parcheggio e fontana nell’androne dell’edificio), l’antica “sosta” cinquecentesca costruita lungo il tratto apicale della Strada Priula per dare rifugio a chi la percorreva, si imbocca il Sentiero delle Orobie centro occidentali (segnavia CAI 101) in direzione del Rifugio Benigni.

Verso il Piano di Acqua Nera
Con un bel traverso degradante, durante il quale si ammirano il Passo di Verrobbio e alla sua sinistra il Monte Ponteranica, si tagliano le assolate pendici pascolive dell’Alpe Cul (o Cullo), i cui lunghi edifici della Stazione Casera (formati, oltre che dalla casera, dallo stallone, dalle baite e dai magazzini) fanno bella mostra di sé su un panoramico poggio erboso nella zona centrale della malga. Verso Sud lo sguardo è attratto dalle tinte azzurre del Lago di Valmora, presso il quale si distende il “piede” delle alpi Ponteranica e Parissolo, che osserveremo e traverseremo nel prosieguo dell’itinerario. All’altezza di un impluvio si lascia a destra il sentiero che va al Passo di Verrobbio e al Lago di Pescegallo (segnavia CAI 161) per continuare in lieve discesa lungo il Sentiero delle Orobie, giungendo di lì a poco al Piano dell’Acqua Nera (o Acquanera; m 1.750), una vasta zona umida formatasi a seguito dell’interramento del laghetto che un tempo giaceva sul fondo di questo bel circo glaciale. Qui e nel piano sottostante, presso la Casera di Ponteranica, le particolari condizioni ambientali e climatiche danno vita a due tra le più interessanti torbiere delle Orobie, caratterizzate dalla presenza di cariceti, erioforeti e tricoforeti. Questa notevole presenza naturalistica ci ricorda che siamo all’interno del Sito di Importanza Comunitaria (SIC) “Valtorta e Valmoresca”, un’area di particolare pregio ambientale che per la presenza di peculiari habitat e di specie animali e vegetali, ritenuti meritevoli di tutela a livello comunitario, è entrata a far parte di Rete Natura 2000, un sistema coordinato e coerente di aree destinate alla conservazione della biodiversità nel continente europeo. Il margine inferiore del piano è delimitato da una sorta di argine dal quale emergono numerose “rocce montonate”, caratteristici dossi rotondeggianti e striati frutto dell’intensa opera di erosione (esarazione) degli antichi ghiacciai pleistocenici1, ai quali si devono molte altre forme del paesaggio circostante.

Il Vallone di Ponteranica e l’omonima alpe
Il sentiero sale ora in maniera decisa tra radi larici e una fitta coltre arbustiva di rododendri, pini mughi, ginepri nani e mirtilli, portandosi in breve al Dosso degli Zappelli (m 1.820), ove incrocia il sentiero diretto al Passo di Verrobbio. Trascuratolo, si continua lungo il Sentiero delle Orobie godendo degli ampi panorami alpestri e dello spettacolo offerto dalle tenaci mughete che si abbarbicano lungo i macereti, colonizzandoli e stabilizzandoli. Raggiunto un piccolo ripiano pascolivo il sentiero entra decisamente nel Vallone di Ponteranica e stando alto, sopra la Baita di mezzo, si porta nella sua porzione sommitale, al cospetto delle rocciose e dentate cime dei monti Triomen e Valletto. La piccola Baita alta (m 1.959) ospita la stazione sommitale dell’alpe, il cui nome fa tutt’oggi memoria dell’antica appartenenza al comune di Ponteranica, un tempo abitato da molti agricoltori e allevatori2. L’alta via orobica attraversa il torrente alimentato dai soprastanti Laghi di Ponteranica e in breve si porta sullo spartiacque tra le valli Ponteranica e Serrada, ove prosegue salendo alla volta del Monte Avaro e del Rifugio Benigni.

Dal Mincucco al Monte Cucco
Noi proseguiamo invece verso sinistra, presso la linea di crinale, giungendo così, dopo pochi minuti, alla stazione Cima dell’Alpe Foppa (m 1.975; Comune di Cusio), ove presso la bella baita sorge una penzana diruta. Lungo un sentiero ora evidente (non segnalato) si tagliano le alte pendici settentrionali della cresta che unisce i monti Triomen (in antico detto Parisolo) e Mincucco sino a raggiungere l’aprica sella pascoliva ai piedi di quest’ultimo, ove il sentiero cala deciso verso destra tra i pascoli dell’omonima stazione. Con breve e quasi perpendicolare discesa si giunge all’altezza di uno spalto roccioso, ove il sentiero piega decisamente a sinistra portandosi, via via più evidente, alla Baita Mincucco, nella parte alta dell’Alpe delle Valli. Fatti pochi metri in direzione dello stallone omonimo, per tracce di sentiero si sale dunque al retrostante colletto (m 1.870), ove verso sinistra s’avvia in graduale discesa il sentiero che unisce quest’alpe a quella di Parissolo (segnavia S. Brigida 16). Con aerea vista sul Lago di Valmora e sulla possente diga a gravità che lo chiude a valle, si traversa tra pascoli cespugliati e arbusteti sino a raggiungere la stazione montiva del Monte Cucco, con i caratteristici bàrek adagiati sui fianchi del tondo rilievo che dona il nome al sito. L’oronimo “Cucco”, che caratterizza questa piccola sommità ma anche il singolare cocuzzolo roccioso posto al margine dell’appena superata stazione Mincucco dell’Alpe delle Valli1, prende infatti le mosse dall’antichissima radice preindoeuropea “kuk” e significa semplicemente “cima arrotondata”.

Verso il “piede” dell’Alpe Parissolo
Bordando verso destra il bel recinto litico si tocca la Baita Moncucchino (o Monte Cucco, con annessa stalletta) per poi entrare in un rado bosco di larici e guadagnare una nuova radura pascoliva, anch’essa organizzata attorno a una piccola baita e a un bel bàrek. Aggirato verso destra quest’ultimo, con largo giro verso monte si tocca la baita per poi bordare il ripiano pascolivo e imboccare l’evidente sentiero che in breve mena nel tratto terminale della piccola forra del Vallone di Ponteranica, ove il torrente compie gli ultimi scenografici salti. Presso lo sbocco della valle il sentiero sale brevemente a destra guadagnando i dolci pascoli basali dell’alpe, ove sorgono gli edifici della Casera e dello Stallone di Parissolo (m 1.585). Seguendo la carrabile che li raggiunge ci si porta in breve sulla pista di servizio della diga Alto Mora, lungo cui si riprende dolcemente a salire verso la testata della valle (segnavia S. Brigida 13 e CAI 110).

I pascoli di Ancogno e la Strada Priula
Superata la località Ponte dell’acqua la stradella sale gradatamente tra i pascoli delle malghe Cul, Ancogno solivo e Ancogno vago, raccordandosi infine alla S.P. 9 all’altezza della Casera di Ancogno Vago (m 1.765). Occhieggiando sull’altro lato della valle si possono ora ammirare i luoghi attraversati: il Piano di Acqua Negra, il Vallone di Ponteranica, i pascoli del Monte Cucco e la Casera di Parissolo. A sinistra di quest’ultima, non visitato ma meritevole di menzione, l’antico sito minerario da cui per secoli vennero cavate rocce ferrose2. Seguendo ora il sedime in pietra della Priula, l’antica strada realizzata dai veneziani sul finire del Cinquecento con l’obiettivo di evitare le gabelle imposte dal Ducato di Milano alle mercanzie dirette verso i Grigioni e il centro Europa e di minare il predominio della “via d’acqua” lungo il Lario, di proprietà appunto degli acerrimi nemici, si rimonta la dolce costa pascoliva sino alla sella della Cola, sede del Rifugio Passo S. Marco 2000, donde con un ultimo traverso in piano, ora su asfalto, si raggiunge nuovamente Cà S. Marco.


1) Il Pleistocene è il primo periodo dell’era quaternaria ed è compreso tra circa 1.800.000 e 11.500 anni fa. Secondo i più recenti studi le glaciazioni ebbero inizio già nel Pliocene Superiore (ultimo periodo dell’era terziaria), circa 2.600.000 anni fa.

2) L’alpe fu acquistata alla fine del Cinquecento dalla Comunità della Valle Averara al fine di offrire un adeguato sito di monticazione estiva al numeroso bestiame allevato. Vedi: Bottani Tarcisio, 1998 – Santa Brigida e l’antica Valle Averara. Comune di Santa Brigida, pp. 122-123.

3) Con il perdersi del suo originario significato l’oronimo Mincucco è nel tempo migrato sulla più alta ed evidente cima posta immediatamente a Nord (Monte Mincucco; m 2.000), anch’essa comunque dotata di una sommità tondeggiante, per poi estendersi, come spesso avviene in casi analoghi, all’intera stazione apicale dell’Alpe delle Valli. Anche nella presente descrizione s’è fatto riferimento all’oronimo correntemente in uso, che peraltro racchiude una singolare tripla ripetizione dell’idea di cima.

4) L’area ricade all’interno dell’Alpe o Monte Parissolo, ma quest’ultimo toponimo era un tempo utilizzato anche per indicare l’attuale Monte Triomen, lungo le cui pendici meridionali è presente una miniera dismessa. Vedi: Tizzoni Marco, 1997 – Il comprensorio minerario e metallurgico delle valli Brembana, Torta ed Averara dal XV al XVII secolo. Fonti per lo studio del territorio bergamasco XIV, Provincia di Bergamo, pp. 49-52.
» «