Itinerario: Tra la Colla e Piazza Molini



Le coordinate dell’itinerario
Itinerario ad anello breve e alla portata di tutti che ripercorre le antiche strade di collegamento tra la contrada Colla e la frazione Piazza Molini, sino a fine Ottocento appartenente al comune di S. Brigida. Sulla via del ritorno si segue il notevole tracciato della strada pedonale che da Averara sale a Cusio e al Colle della Maddalena, sede un tempo della variante alta della “Via del Ferro”.
Località di partenza: Colla (m 805) Quota massima: m 805 (contrada Colla)
Tempo di percorrenza: h 1:15 circaDislivello in salita : m 135 circa
Periodo consigliato: tutto l’annoDifficoltà: T (turistico)

Dalla Colla (m 805; parcheggi), le cui antiche case si raccolgono ai piedi della sella (“Cola”)1, in posizione soliva e riparata dal vento di tramontana, si prende in direzione di Cugno Via Pittori Baschenis.

La patria dei pittori Baschenis
La strada è dedicata alla grande famiglia dei Baschenis, una stirpe di pittori e frescanti che dalla terra bergamasca si spinse con alcuni suoi rappresentanti sino alle valli trentine, lasciando opere di grande bellezza e suggestione tutt’oggi ammirabili in molti edifici, per lo più sacri. Gran parte di questi artisti, che operarono per circa due secoli a partire dalla metà del Quattrocento, nacque proprio in questa contrada, che oggi li ricorda anche con un grande dipinto posto sul muro di una delle case che si affacciano sulla via. Scendendo velocemente ci si porta fuori dall’abitato e all’altezza del primo tornante della strada, in un contesto divenuto boschivo, si prende a sinistra una scaletta che in breve lascia il posto all’originario sedime in pietra della mulattiera (segnavia CAI 105). Questa esce presto dal bosco, tocca la Cà nöa e si raccorda nuovamente alla carrabile in corrispondenza della dolce sella prativa tra la Valle dei morti e la Val di Guéi. Piegando a sinistra si cala lungo quest’ultima e si raggiunge la già visibile Cà Val di Guéi (m 725), ove l’asfalto cede il posto allo sterrato di una pista agrosilvopastorale che aggirando il colle scende alla contrada Piazza Molini di Averara (segnavia S. Brigida 7 e CAI 105).

Verso Piazza Molini
Con piacevole percorso in piano si traversa dunque il versante prativo e si entra in una pecceta artificiale, presto sostituita da una più naturale formazione con Faggio, Castagno, Tiglio e Acero montano. Presso una baita, che con il suo fienile fa memoria di prati ormai scomparsi, la strada si raccorda al sentiero proveniente dalla Val di Guéi per poi traversare una vallecola (fontanino) e portarsi ai prati e alle baite della località Fop2 (“le dò tègie”), ove la vista si apre panoramica sull’alta Val Mora e sull’abitato di Averara. Davanti agli occhi si para uno dei quadri più belli e suggestivi della bergamasca: il tortuoso e selvaggio solco vallivo, che s’allunga sino ai pascoli di Ancogno, incornicia il piccolo agglomerato urbano raccolto intorno alle sue antiche strade e vegliato dai resti di due torre medievali. L’occhio mira in particolare agli edifici dell’antica strada porticata, crocevia di tracciati diretti in Valsassina e Valtellina, e alla quattrocentesca chiesa di S. Giacomo, assurta a parrocchiale nell’ottobre del 1566. Lungo quella che un tempo era la strada comunale per Cassiglio, si riprende in discesa, subito nel bosco, lungo un sedime sempre ampio e agevole. La larga e quasi esclusiva presenza di specie colonizzatrici come l’Acero montano, il Frassino maggiore e il Tiglio evidenzia la passata destinazione agricola delle aree attraversate, che con l’abbandono sono rapidamente invase dai cosiddetti “mangiaprati”. Sovrapassato l’imbocco di una cava di gesso, da tempo dismessa per le problematiche connesse alla stabilità dei suoli, si giunge sul fondo della Valle Bolferino, ormai fuori da bosco, ove un ponticello permette di scendere verso le case di Piazza Molini. Quella che oggi è tra l’altro sede del municipio e della chiesa parrocchiale di Averara sino a fine Ottocento era una contrada di S. Brigida, che ne cedette una prima parte, la contrada del Ponte, nel 1892 e una

seconda nel 1978. Il nome dell’abitato è un chiaro riferimento alla numerosa presenza di opifici e in particolare di mulini che sfruttavano l’energia idraulica del Torrente Bindo attraverso una serie di derivazioni e grandi ruote.

Lungo la “Via del Ferro”
Era un mulino anche il primo edificio che si incontra, denominato Càsa (m 670), ove nel 1904 venne ricavata la prima sede della locale Cooperativa di consumo, oggi situata in contrada Muggiasca. Senza scavalcare il torrente si prende dunque a sinistra, accanto alla Càsa, l’antica strada di valle che oggi come un tempo collega Averara a Santa Brigida e poi a Cusio. La dolcezza dello sviluppo e l’ampiezza delle sezioni fanno ritenere questo tracciato la principale sede in ambito locale della cosiddetta “Via del Ferro”, una direttrice stradale con finalità prevalentemente commerciali che collegava l’alto Brembo occidentale alla Valtellina e alla Valsassina rispettivamente tramite i passi di Verrobbio e S. Marco e i Piani di Bobbio. Dopo aver fiancheggiato e poi scavalcato un piccolo rio, la larga mulattiera incrocia e poi soccombe sotto il sedime della SP 8, ricomparendo poco dopo all’altezza della contrada Bindo (Via Bindo). Tra antiche dimore, slarghi, orti e fontane ci si porta nuovamente sulla provinciale, donde superata la Casa di preghiera della Sacra Famiglia (m 730) si riprende a destra il tracciato pedonale che sbuca presso il Centro Sportivo Comunale, ormai ai piedi della contrada Carale. Seguendo per un breve tratto la strada asfaltata e poi incrociandola altre due volte si lasciano a destra le case di Carale e si arriva su Via Muggiasca, lungo cui verso sinistra si tocca l’omonima contrada e infine quella della Colla.


(1) Il toponimo “Cola” è assai diffuso nell’area (si pensi solo alla “Cola” presso il confine con Cusio e alla “Cola de Cus”, ovvero al Colle della Maddalena, in comune di Cusio) e con le varianti “Cole” e “Col” si riferisce sempre a dolci selle, ovvero a siti che morfologicamente richiamano l’incavo dorsale del collo umano e di alcuni animali domestici.

(2) Il toponimo è un chiaro riferimento alla presenza di una “fopa”, voce dialettale che significa “conca”.
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